Di LGC Parma, 1 maggio 2024 – La scelta della data non è casuale e ha origine dai sanguinosi eventi avvenuti a Chicago nel 1886.
In quel primo maggio i lavoratori di Chicago scesero in piazza per protestare contro il mancato rispetto della legge che prevedeva il tetto delle 8 ore lavorative.
L’intervento della polizia per disperdere la folla costò la vita a due lavoratori dando vita a una reazione da parte di una parte dei manifestanti.
Gli anarchici infatti organizzarono una nuova protesta in Haymarket Square. Le forze dell’ordine intervennero nuovamente e con mezzi ancora brutali. Anche a causa di un attentato dinamitardo, ci furono nuove vittime tra i manifestanti e i poliziotti.
Ne seguì l’arresto e il successivo processo degli organizzatori della manifestazione del primo maggio con alcuni di loro che furono condannati a morte.
Fu quindi in occasione della Seconda internazionale socialista di Parigi, nel 1889, che la data del primo maggio venne riconosciuta ufficialmente in tutto il mondo come il giorno della Festa del lavoro.
Nonostante siano trascorsi ben 135 sulla questione lavoro ancora molto è da fare soprattutto in materia di sicurezza, della contrattualistica e, paradossalmente, sulle condizioni lavorative in ragione dei “nuovi” lavori, ad esempio i cosiddetti “rider” o quelle tante professioni connesse al digitale che non sempre, anzi raramente, consentono una remunerazione sufficiente e garanzie adeguate.
Contratti brevi che non sono sufficienti per garantire eventuali mutui per la casa e quindi per instaurare rapporti familiari stabili.
Purtroppo, e lo si vede ogni giorno, al “lavoro” troppo spesso è legata la parola morte.
L’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre elabora da anni il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione e provincia per provincia.
“Si tratta dell’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia alla fine del 2023 è di 34,6 decessi ogni milione di occupati (di 35 nel 2022). – racconta il Presidente dell’Osservatorio mestrino Mauro Rossato – Questo valore, un vero e proprio “indicatore di rischio di morte sul lavoro”, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso”.
E poi c’è un’emergenza che negli ultimi anni diventa sempre più nitida ovvero, quella che tocca i lavoratori stranieri, soggetti ad un rischio di infortunio mortale più che doppio rispetto agli italiani. Così gli stranieri deceduti in occasione di lavoro da gennaio a dicembre 2023 sono 155 su 799. Con un rischio di morte sul lavoro che risulta essere più che doppio rispetto agli italiani; si registrano 65,3 morti ogni milione di occupati, contro i 31,1 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati.