La Tilma

0
1145

Era il 9 dicembre 1531 quando Maria Santissima apparve per la prima volta a Juan Diego, uno dei primi aztechi convertiti al Cristianesimo. Il nome del giovane, prima di essere battezzato, era Cuauhtlatoatzin che significa “colui che parla come aquila”. L’aquila, ricordiamolo, è il simbolo che identifica più di tutti l’Apostolo Giovanni, autore del libro dell’Apocalisse.

Sulla Tilma, inoltre, l’Angelo ai piedi di Maria ha ali d’aquila.

Durante l’apparizione la Vergine invitò il giovane ad andare dal vescovo e a chiedergli di costruirle una chiesa. Per dare un segno al prelato e vincere le sue diffidenze, Maria indicò a Juan Diego una pietraia dove cogliere “rose di Castiglia” (tipologia tipicamente europea e non dell’America latina) sbocciate fuori luogo e fuori stagione.

Juan Diego ne fece un mazzo e lo avvolse nel suo mantello.

Al momento della consegna dei fiori al vescovo Zumárraga accadde il miracolo: sulla Tilma, dov’erano le rose, apparve impressa l’immagine di Nostra Signora avvolta da raggi di sole e con addosso un manto ricoperto di stelle.

A quella visione i presenti caddero in ginocchio e credettero.

La Tilma è considerata dalla Chiesa Cattolica uno dei doni preternaturali più eccezionali.

Così come per la Sacra Sindone, rimane un mistero come l’immagine si sia impressa su di essa. Il telo, pur essendo di fibra vegetale facilmente deteriorabile, a distanza di quasi 500 anni è rimasto pressoché integro.

Nei secoli, poi, ha subito attentati ed incendi senza riportare mai particolari danni.

In tempi più moderni è stato sottoposto ad analisi di laboratorio, che hanno evidenziato l’assenza di pigmenti tra le fibre e una sua temperatura costante di circa 36,6 °C.

Nel 1977 l’ingegnere peruviano José Aste Tonsmann dopo aver ingrandito al computer 2.500 volte gli occhi della Vergine, scoprì che al suo interno è ritratta la scena della consegna delle rose al vescovo da parte di Juan Diego, alla presenza di diverse persone (in totale 13).

Tre anni dopo l’astronomo Mario Rojas Sanchez arrivò a dimostrare che le costellazioni sul manto di Maria corrispondono esattamente alla configurazione celeste del 12 dicembre 1531 (l’ultima apparizione).

Poco più di un anno fa la scoperta, a mio avviso, più incredibile.

L’astrofilo e divulgatore di astronomia presso l’Osservatorio Astronomico di Alpette a Torino, Alessandro Massano, trova una relazione biunivoca tra il numero di stelle del manto e i Papi “LEGITTIMI” da Paolo III (eletto nel 1534) fino a Benedetto XVI.

  • 46 stelle sul manto = 46 Papi legittimi

Non solo.

Analizzando le 14 costellazioni, lo studioso rileva che il numero di stelle in ciascuna di esse corrisponde esattamente al numero di volte in cui è stato scelto un determinato nome da Papa.

  • 9 stelle dell’Orsa Maggiore per 9 Papi di nome Pio
  • 7 stelle dello Scorpione per 7 Papi di nome Clemente
  • 5 stelle del Centauro per 5 Papi di nome Innocenzo
  • 4 stelle di Bootes per 4 Papi di nome Benedetto

… e così via fino ad arrivare ad una sola stella di Canis Minor per un solo Papa di nome Sisto.

Per approfondimenti vi invito a vedere il video/intervista pubblicato sul canale del giornalista Andrea Cionci al seguente link:

E dopo Papa Benedetto XVI?

Tutto può essere, rispose Ratzinger a questa domanda rivoltagli da Peter Seewald nel libro “Ultime conversazioni” del 2016 (Garzanti Editore).

Al momento l’unica certezza è l’illegittimità di Bergoglio, eletto con un conclave a Papa non morto né abdicatario. Il resto ce lo svelerà il cielo, una stella alla volta.

Gianfranco Colella Vignettista – Autore di SatiLeaks per Quotidianoweb.it 29 dicembre 2025

Google search engine