Di Roberta Minchillo Roma, 22 dicembre 2024 – Il Natale è festeggiato in tutto il mondo, ed è sicuramente la festa che più di ogni altra vede mescolarsi al “sacro”, il “consumismo”. E Allora si perde di vista il senso di questa festa, e si rischia di dare importanza a cose effimere, senza cogliere l’essenza profonda del Natale.
Urge quindi fare chiarezza!
Quando nasce il Natale? Perché si celebra il 25 Dicembre e soprattutto, cosa si festeggia, o meglio, sarebbe più corretto dire: “chi si festeggia”?
Cominciamo dalla prima domanda. La “scelta” di festeggiare il Natale il 25 dicembre, sembrerebbe avere origine dai culti pagani. In molte religioni precristiane esistevano celebrazioni della “rinascita della natura” dopo il solstizio d’inverno, che è il “giorno più corto dell’anno”, che cade tipicamente il 21 o 22 dicembre. Dal giorno successivo le giornate iniziano “ad allungarsi” e la luce riprende il sopravvento. A ridosso del solstizio, i romani festeggiavano i Saturnalia, una festa in onore del dio dell’agricoltura Saturno, che in età imperiale durava del 17 al 23 dicembre.
Nel III secolo d.C. presso i Romani, si affermò anche il culto del Sole invitto, proveniente dall’Oriente e associato a una divinità indo-persiana, Mitra. La celebrazione cadeva proprio il 25 dicembre (solstizio d’inverno nelle prime versioni del calendario giuliano), ed era conosciuta come Dies natalis Soli Invicti, cioè giorno di nascita del sole invitto, in quanto è il giorno nel quale il Sole “rinasce”, riprendendo il sopravvento sulla notte. Secondo la più accreditata tra le interpretazioni, la celebrazione del natale del Sole invitto sarebbe all’origine della scelta del 25 dicembre per il Natale.
Non tutti, concordano con questa teoria e alcuni intellettuali sostengono che la scelta della data sia stata elaborata esclusivamente in ambito cristiano, senza collegamenti con i culti pagani. Altri studiosi, ancora vedono le origini del Natale nella festa ebraica delle luci, la Hanukkah, che celebra la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme. Il Natale, secondo questa interpretazione, sarebbe la versione cristiana di una festa ebraica, come accade per la Pasqua e per altre ricorrenze, “passate” dall’ebraismo al cristianesimo.
Ma, se non tutti concordano sull’origine del 25 Dicembre come data per il Natale, una cosa è certa ed incontestabile e cioè: “cosa (o meglio chi), si festeggia a Natale. Lo dice la parola stessa. Il termine italiano “Natale” deriva dal latino cristiano Natāle(m) per ellissi di diem natālem Christi (“giorno di nascita di Cristo”), a sua volta dal latino natālis, derivato da nātus (“nato”), participio perfetto del verbo nāsci (“nascere”). Pertanto è chiaro. “Natale è una Festa Cristiana dove si festeggia “la venuta al mondo del Figlio di Dio, o meglio ancora: “a Natale si celebra il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, fatto Uomo”.
Pertanto, smettiamola con le definizioni che vedono il Natale, come la “festa dell’amore”, “la festa della luce” ecc. Certo, questi sostantivi di addicono al festeggiato, ma a Natale non festeggiamo “qualcosa”, ma “Qualcuno”.
Acclarato questo, facciamo una bella carrellata nei “simboli del Natale”, e cominciamo con il Presepe.
Anche il termine Presepe, come Natale, deriva dal latino “praesaepe”,e significa greppia, mangiatoia, ma anche recinto dove venivano custoditi ovini e caprini; il termine è composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto. Un’altra ipotesi fa nascere il termine da praesepire cioè recingere. Nel latino tardo delle prime vulgate evangeliche viene chiamato cripia, che divenne poi greppia in italiano, krippe in tedesco, crib in inglese, krubba in svedese e crèche in francese.
Il Presepe è la rappresentazione della Natività di Gesù, esposta principalmente nel periodo natalizio. La tradizione vuole che questo periodo vada dall’8 Dicembre (Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria), fino al 6 Gennaio (Solennità dell’Epifania), ma una tradizione più antica protrarebbe questo periodo fino al 2 Febbraio, giorno in cui si festeggia “la presentazione di Gesù al tempio”, più comunemente conosciuta come “Candelora”. L’usanza di allestire il presepe, inizialmente italiana, si è diffusa in tutti i paesi cattolici del mondo. E’ opinione diffusa che l’inventore del presepe sia San Francesco d’Assisi, che lo realizzò nel 1223. In realtà, quello realizzato dal Santo di Assisi non fu un vero e proprio presepe, come lo intendiamo oggi, quanto piuttosto una messa celebrata in una grotta e non in una chiesa, dove la celebrazione liturgica fu illuminata da fiaccole e dentro la grotta fu posta una greppia (mangiatoia) riempita di paglia, con accanto un asino e un bue.
Il primo presepe con le statuette risale al 1283 ed è opera di Arnolfo di Cambio. Il celebre scultore scolpì un presepe con otto statuette in marmo rappresentanti i personaggi della Natività e i re Magi. Esso può essere ammirato ancora oggi nella basilica romana di Santa Maria Maggiore.
Dal Presepe, passiamo all’Albero di Natale. L’unica documentazione esistente, attesta l’uso di abeti per festeggiare il Natale a partire dal 1570 in Germania, paese nel quale tale pratica si consolidò solo un secolo più tardi con il “gioco di Adamo ed Eva”; che si proponeva di ricreare il paradiso in terra ponendo nelle piazze o davanti alle chiese alberi abbelliti di festoni, luci e prelibatezze alimentari.
L’utilizzo natalizio dell’albero, e anche il suo significato connesso alla sacralità della sua funzione, ha origini antichissime e affonda le sue origini nel mondo pagano. L’albero è stato da sempre connotato di un forte simbolismo. Ad esempio, la Bibbia fa iniziare l’umanità proprio sotto un albero, espressione di fertilità e abbondanza: è un suo frutto infatti che porta l’uomo a scegliere il libero arbitrio rispetto al regno della verità univoca e oggettiva della “luce eterna” del divino. Intorno all’albero prendono vita tutta una serie di suggestioni che mettono in relazione alcuni rituali pagani con il Natale cristiano. Tutto ha inizio nella Roma del tardo Impero con la diffusione del Sol Invictus, una religione nata, pare, tra Egitto e Siria. Uno dei momenti centrali di questa credenza era il Dies Natalis Solis Invicti (“il giorno della Nascita del Sole Invitto”) che si festeggiava alla fine di dicembre durante il solstizio d’inverno. Questa festa prevedeva l’intonazione di canti che invocavano il sole e la fertilità intorno a un cipresso su cui erano posti fili d’argento, rappresentativi della dimensione femminile, e di oro, rappresentativi della dimensione maschile, che nello scendere dai rami più alti si intrecciavano ripetutamente (richiamando forse, implicitamente, il mito greco di Amore). Alla fine dei canti venivano distribuiti alcuni doni, essenzialmente frutta secca (il passato, ma anche la continuità) e frutta fresca (il nuovo).
È importante ricordare che il Sol Invictus ebbe molti adepti anche tra i primi cristiani, a testimonianza di una notevole affermazione in tutto l’Impero di questo culto, che entrò in crisi solo quando fu messo al bando da Teodosio I il 27 febbraio 380 a. C. con l’editto di Tessalonica. Prima della sua rimozione ufficiale, l’imperatore Costantino, dopo la sua conversione al cristianesimo, decise, attraverso un editto non privo di opportunismo politico, che la natività di Gesù si celebrasse nello stesso giorno di quella Dies Natalis Solis Invicti. Il “Natale Invitto” divenne in tal modo il Natale cristiano, anche se l’usanza dell’albero sparì per un lunghissimo periodo, fin quando gli estoni o i tedeschi non decisero di riappropriarsene, imponendolo questa volta in modo definitivo.
Ma cosa rappresenta l’Albero di Natale? Da sempre l’albero è stato considerato il simbolo della vita. L’abete, in particolare, poiché e sempre verde e rigoglioso rappresenta la vita eterna e la speranza del ritorno alla vita.
Fin dall’antico Egitto proprio l’abete veniva considerato l’albero della Natività, pianta sotto cui era nato il dio di Biblos. In Grecia l’abete era l’albero sacro di Artemide, protettrice delle nascite. Presso le popolazioni dell’Asia settentrionale, l’abete era considerato l’albero cosmico, piantato in mezzo all’Universo.
L’albero di Natale nel contesto religioso delle festività è segno di pace e di speranza. L’abete sempreverde inoltre, simbolicamente ci riconduce al Figlio dell’uomo, “il Vivente”. Gesù è l’autentico “Albero della vita”. Egli, rafforza e rinsalda la comunione tra Dio e l’uomo infranta da Adamo ed Eva nell’Eden, per aver mangiato i frutti dell’albero proibito.
Simbolo del Natale per eccellenza è anche lui, Babbo Natale. In ordine cronologico, le prime tracce di un personaggio simile a Babbo Natale risalirebbero ai tempi degli antichi greci: il primo portatore di doni, sarebbe stato Poseidone, il dio dei mari. Sono millenarie anche le leggende legate a Odino, dio supremo dell’antica religione nordica: anche lui portava doni, a bordo di una slitta trainata da un cavallo volante. Le prime tracce cristiane, invece, coinciderebbero con San Nicola, vescovo di Myra in Turchia e considerato il protettore dei bambini.
Il celebre vescovo turco è considerato il più attendibile precursore del Babbo Natale moderno. Aveva una lunga barba, e indossava una tunica rossa: fino a pochi decenni fa nei Paesi teutonici e del Nord Europa, dal Belgio all’Olanda fino a Germania e Austria, Santa Claus indossava ancora la divisa da vescovo. L’origine del nome sarebbe appunto olandese: Santa Claus da Sinterklass, ovvero San Nicola.
Il Babbo Natale che invece conosciamo oggi è molto più recente. Fino al XIX secolo, seppure la leggenda fosse ben radicata, spesso a Paesi e culture diverse corrispondevano rappresentazioni diverse, tanto che Babbo Natale poteva essere un elfo o un folletto, oppure, nella cultura anglosassone un omone anziano con una lunga barba bianca, una sorta di “spirito del Natale” che avrebbe pure ispirato il celebre “Canto di Natale” di Charles Dickens.
Si pensa che l’idea di vestire Babbo Natale di bianco e rosso, sia opera di un’azienda produttrice di una nota bibita, la Coca Cola, anche se spiegano proprio da Coca Cola Italia, che non è così, perché Babbo Natale era già stato rappresentato con un vestito rosso prima che diventasse protagonista delle loro campagne pubblicitarie natalizie, ma una cosa è certa e cioè che Coca Cola ha aiutato a creare l’immagine del moderno Babbo Natale.
Altra caratteristica imprescindibile del Natale, che purtroppo ha permesso che questa festa sfociasse nel consumismo moderno, a volte anche esasperato, è quella dello “scambio dei doni”. Ma perché ci scambiamo i doni a Natale? La tesi più accreditata fa risalire lo scambio dei doni a San Nicola di Bari, conosciuto anche come San Nicola Di Myra, che nel IV secolo da vita all’usanza di nascondere piccoli doni nelle scarpe che i bambini lasciavano fuori dalla porta a Natale. Gettando il seme, come abbiamo già detto, della tradizione di Santa Claus (alias SanktNikolaus).
Lo scambio dei doni ha origini antichissime. Fin dall’epoca degli eroi omerici esso, poteva sottolineare un rapporto paritario fra due individui, ma anche disuguale, creando dipendenza e subordinazione.
Nella Grecia antica, ricordiamo il dono del celeberrimo “Cavallo di Troia”, che sta ad indicare come la pratica fosse particolarmente diffusa. La pratica di scambiarsi doni simbolici, per cementare alleanze o risolvere conflitti, si tramandò anche tra gli Etruschi. I ritrovamenti archeologici hanno confermato che questo popolo offriva agli dèi oggetti in miniatura (rappresentazioni di animali, cibo o beni preziosi), usati anche come merce di scambio all’interno della comunità. Spesso chi li donava vi incideva la propria firma. Il tutto per una ragione di prestigio.
A Roma si diffuse l’usanza di scambiarsi i regali proprio a fine anno, a ridosso di quello che nella cultura cristiana sarà il Natale: non a caso fin dalla prima fondazione dell’Urbe si omaggiava il cosiddetto dio degli inizi, Giano, e la dea Strenia (dalla quale deriva la parola “strenna”, regalo), per avere prosperità per il nuovo anno. Come rito augurale ci si scambiavano ramoscelli di alloro, ulivo, fico, che vennero poi sostituiti da piccoli oggetti, per la gioia dei bambini che invece ricevevano in dono dolcetti di pasta e marzapane. Nello stesso mese invernale si tenevano anche i Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre). Da alcuni epigrammi di Marziale si evince che i Romani in questa occasione si scambiavano regali economici come dadi, candele di cera colorata, abiti, libri, una moneta, piccoli animali domestici.
Il Cristianesimo reinterpretò l’idea di regalo. «La religione cristiana ha sdoganato la concezione del dono come atto gratuito nei confronti dell’altro, secondo gli insegnamenti di Gesù. Il dono per eccellenza divenne fare offerte ai poveri, il regalo, diventava così semplicemente un modo per guadagnarsi un posto in Paradiso, essendo un atto di carità.
Oggi continuiamo a scambiarci doni per rafforzare i legami interpersonali. Dando e ricevendo regali, siamo in grado di entrare in contatto con le persone a cui teniamo di più. Questo può rendere più profonde le relazioni, donando gioia e sorpresa sia a chi dà che a chi riceve. Fare regali non è solo un modo per celebrare le feste, ma è anche un premuroso gesto di gratitudine.
(Copertina di Romolo Buldrini – Vignetta)