Di Dario Lucisano Cagliari, 25 gennaio 2024 – Il 22 gennaio, sulla scia di quanto accaduto in Europa, gli agricoltori italiani hanno iniziato a lanciare le loro prime proteste, invadendo strade e città a bordo dei propri trattori.
A finire sotto assedio dai contadini del belpaese sono state gran parte delle regioni italiane: dall’Emilia alla Calabria, dal Lazio alla Puglia, dalla Toscana alle Marche, dal Veneto alla Sicilia, gli agricoltori hanno colpito praticamente ogni angolo dello stivale.
Sotto il mirino delle proteste, promosse su scala nazionale dai Comitati Riuniti Agricoli, ma ricolme di aderenze spontanee su base locale, sono finite numerose questioni, a partire dall’aumento dei prezzi per arrivare fino alle politiche comunitarie.
Nessuna di esse è una novità, e tutte mostrano invece plasticamente il forte legame di parentela che le neonate sommosse italiane presentano con le innumerevoli manifestazioni di cui si sono resi protagonisti gli agricoltori degli altri Paesi europei.
Le motivazioni che hanno spinto gli agricoltori italiani a lanciare le proprie mobilitazioni sono numerose. A tal proposito, il CRA ha postato un video su Facebook in cui specifica la finalità delle manifestazioni da esso promosse. Tra queste figure, in primo luogo, la salvaguardia del settore agricolo dalle importazioni, dai grandi interessi e dalle sempre più crescenti tasse, da affiancare alla difesa degli stessi lavoratori della categoria.
A finire sul tavolo, inoltre, è stata anche la stessa sfiducia nei confronti della politica e dei sindacati, accusati di tradimento dal CRA, il quale reputa che essi abbiano agito contro «gli interessi dei lavoratori».
Per comprendere pienamente tali finalità, è necessario avere bene in mente lo scenario entro cui esse si stagliano.
Va infatti sottolineato come con la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia, il settore agricolo sia rimasto particolarmente colpito in tutta Europa: Germania a parte, qualche giorno fa i contadini hanno sollevato o portato avanti dimostrazioni anche in Francia, Romania e Polonia, anche se in quest’ultima sembra stiano trovando un accordo.
I primi Paesi a venire colpiti dalle rivolte degli agricoltori sono stati quelli confinanti con l’Ucraina, in cui i contadini si sono sollevati denunciando ai propri vertici di attuare due pesi e due misure nelle proprie politiche commerciali e produttive.
Nello specifico, le proteste di categoria si sono focalizzate sulle questioni relative all’importazione del grano ucraino e della facilitata concorrenza straniera, ma sono finite rapidamente per trattare anche il problema dell’aumento dei prezzi della benzina, causato dal sempre minor ricorso alle risorse russe e dalle sanzioni contro Mosca, finite per ritorcercisi contro.
A causa dell’aumento del prezzo del gas, infatti, i vari governi attaccati dagli agricoltori hanno cancellato le agevolazioni di cui la categoria godeva, causandone il sollevamento.
A incidere particolarmente, infine, sono state anche le manovre del Green Deal europeo, cui politiche sono giudicate dai contadini come troppo stringenti; a questo va affiancata anche la decisione di introdurre prodotti estranei a colture e culture locali nel mercato, come i famosi casi della farina di insetti e della carne sintetica, contro cui si sono mossi tra i primi gli olandesi.
I sollevamenti degli agricoltori italiani portano avanti sostanzialmente le stesse istanze lanciate dagli omologhi europei. Ad aggiungervisi, tuttavia, c’è anche la protesta contro l’eliminazione dell’esenzione Irpef, a causa della quale gli agricoltori saranno tassati a formula piena sui propri redditi agricoli. Le proteste italiane non sono ancora arrivate ai livelli di quelle degli agricoltori tedeschi, ma suggeriscono una mobilitazione senza precedenti.
A tal proposito, basti pensare a quanto successo a Bologna, dove sono stati circa 200 i trattori arrivati sotto il Palazzo della Regione per chiedere un aiuto concreto; o ancora si guardi il caso della Calabria, dove centinaia di veicoli agricoli hanno sfilato sulle principali strade della regione, creando non pochi imbarazzi al traffico.
È vero, di fianco a questi casi eclatanti ce ne sono altri di ben più modesta portata, ma le manifestazioni stanno procedendo e stanno coinvolgendo sempre più persone.
Eppure, numeri a parte, ciò che colpisce davvero è lo stesso fatto che si sia promossa una mobilitazione: gli agricoltori, autentico motore di qualsiasi Paese, svolgono un mestiere che richiede un investimento di tempo e sforzo incomparabile rispetto agli altri lavori; andare a manifestare significa, nel migliore dei casi, lasciare il campo nelle mani di qualcun altro, sottraendo il proprio fondamentale sudore alle necessità della natura.
I campi, dopo tutto, non si lavorano da soli, e non vanno in vacanza, né scioperano, né fanno pause. Muoversi, per gli agricoltori significa trovarsi davvero in difficoltà, e oggi si sono mossi.
(foto da Berlino)