Dermatite Bovina Nodulare, il Tar ferma l’abbattimento: la Regione ora faccia i conti con i suoi errori

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Una sentenza che smentisce l’approccio repressivo e frettoloso dell’amministrazione sarda.

Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari, 23 luglio 2025 – Una sentenza del TAR ha finalmente messo un freno a quella che molti allevatori, cittadini e tecnici definiscono senza mezzi termini una “strage amministrativa”.

Con la n. 00181/2025 REG.PROV.CAU. del 7 luglio, resa pubblica solo oggi, il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna ha accolto il ricorso presentato da un’azienda agricola, contro l’abbattimento indiscriminato di intere mandrie in presenza di capi infetti o colpite, o sospettati di esserlo, da Dermatite Bovina Nodulare (LSD).

Il tribunale ha stabilito un principio tanto semplice quanto ignorato dalla Giunta regionale: si abbattono solo gli animali infetti, non l’intero allevamento.

Una decisione che sconfessa apertamente mesi di gestione miope e autoritaria da parte dell’amministrazione regionale, che ha preferito impugnare il bisturi del panico anziché lenti di ingrandimento e strumenti diagnostici.

Da fonti di stampa locale si apprende questa dichiarazione: «Questa sospensiva cambia tutto», dichiara Tore Piana, presidente del Centro Studi Agricoli, che ha ricevuto la notifica ufficiale. «L’Assessorato alla Sanità e la Regione devono fermarsi e riflettere: non si può più applicare una legge scellerata che prevede l’abbattimento indiscriminato di tutti gli animali».

Una politica sanitaria senza basi scientifiche?

È lecito domandarsi oggi: dove sono le prove, gli studi, le valutazioni scientifiche che hanno giustificato l’uccisione di migliaia di capi sani? E soprattutto: perché tanto accanimento, tanta fretta?
La risposta ancora non c’è. Ma i dubbi si moltiplicano.

Diversi studi, e la pratica clinica, mostrano che la LSD può essere facilmente confusa con altre patologie benigne come la pseudo-dermatite nodulare da herpesvirus bovino di tipo 2, una malattia di scarso significato clinico, le cui lesioni sono visivamente simili a quelle della nodulare classica. In molti casi, persino una semplice reazione a una puntura d’insetto o un caso di ipersensibilità cutanea può essere scambiato per LSD.

Solo una diagnosi virologica certa, tramite PCR o microscopia elettronica, può stabilire con sicurezza la vera natura delle lesioni cutanee. Eppure, la Regione insiste sull’abbattimento senza attendere questi risultati.

A denunciare questa gestione brutale non sono solo gli allevatori. In prima linea anche cittadini comuni, associazioni, tecnici, e avvocati. Fra tutte spiccano la realtà civiche di “Is pipius no si tocant”, il “Coordinamento Gallura contro la speculazione Eolica e Fotovoltaica”, che da subito si sono messe a disposizione e sostegno degli allevatori, chiedendo un cambio di passo e la fine dell’approccio emergenziale e autoritario.

Anche avvocati, veterinari e studiosi si sono messi a disposizione per aiutare le aziende a fare ricorso e ottenere giustizia. Ed è proprio grazie a questa rete che oggi esiste coscienza pubblica su questo fatto.

E poi resta un’altra domanda sospesa come una lama: perché tutta questa fretta nell’imporre la vaccinazione obbligatoria e, contemporaneamente, l’abbattimento di massa?

Il sospetto è che si sia agito più per rispondere a decisioni politiche che scientifiche, anziché per proteggere davvero la salute animale e pubblica.

Il programma vaccinale, pronto in tempi record, ha sollevato più interrogativi che certezze.

La sentenza del TAR è chiara. Ora la Regione non può più voltarsi dall’altra parte. Serve un’indagine trasparente su quanti capi sono ammalati con una diagnosi certa, e su quante aziende hanno subito danni irreparabili, ma soprattutto, chi ha preso le decisioni.

In una terra in cui l’economia agro-zootecnica è il cuore pulsante del territorio, non è più accettabile avere un’amministrazione che risponde all’emergenza con atti ciechi e punitivi, dimenticando la scienza, il buon senso e il rispetto per chi ogni giorno lavora con dignità.

Il tempo dell’arroganza è finito. È ora di ricostruire fiducia, con trasparenza, partecipazione e competenza. E magari iniziare col dire: abbiamo sbagliato, perché anche errare è umano.

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