Il Parmigiano Reggiano fa squadra con gli altri formaggi Dop contro il Nutri-Score

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Tanto che non è più impossibile un domani dove uno spaghetto al pomodoro sarà senza Parmigiano Reggiano, una caprese senza Mozzarella di Bufala Campana un risotto al radicchio e Gorgonzola… senza Gorgonzola. Piatti senz’anima e più “poveri” anche dal punto di vista nutrizionale, monchi delle DOP che il mondo ci invidia. E che entro un anno rischiano di sparire dalle tavole italiane (e non solo), se l’Unione Europea approverà l’etichettatura Nutri-Score.

“Il Parmigiano Reggiano è l’alfiere di questa battaglia da quando, a settembre 2020, il Consiglio d’Amministrazione del Consorzio ha deliberato che il Nutri-Score non potesse comparire sull’etichetta del nostro formaggio. È importante che ci sia un’azione coordinata di tutti i Consorzi interessati volta a scongiurare l’entrata in vigore di un sistema dannoso per i consumatori e per le filiere dei prodotti d’eccellenza, italiani ed europei”, ha affermato il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli.

Attraverso una campagna social che mette al centro piatti iconici italiani “SENZA” in cui il formaggio è ingrediente distintivo, AFIDOP – l’Associazione dei Formaggi Italiani DOP con i Consorzi di Tutela dei formaggi a denominazione d’origine protetta motivano il loro No al Nutri-Score alla presenza delle Istituzioni. Per AFIDOP, l’etichetta a semaforo, attribuendo un colore “sfavorevole” a prodotti come formaggi, ne disincentiva il consumo e dà informazioni limitate e fuorvianti ai consumatori. Con buona pace della Dieta Mediterranea (la migliore al mondo nel 2022 secondo l’US News & World Report in una classifica di 40 stili di vita alternativi e dal 2010 Patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO), che ha in questi alimenti un “ingrediente” fondante, da sempre.

È provato che il Nutri-Score disincentiva il consumo di alimenti raccomandati in una sana alimentazione e fondamentali in piatti iconici ed equilibrati se inseriti all’interno di un corretto stile di vita. Secondo un’indagine di Ipsos per l’Osservatorio Waste Watcher International, realizzata su un campione di 7 mila cittadini di Stati Uniti, Russia, Canada, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia, per 3 consumatori su 4 le informazioni nutrizionali in etichetta possono influenzare significativamente le scelte nel carrello e 4 su 10 cambierebbero i consumi in ragione dei colori apposti sulle etichette.

In particolare, tutti i formaggi portabandiera dell’Italia nel mondo finiscono nel mirino del Nutri-Score: Parmigiano Reggiano DOP, Asiago DOP, Gorgonzola DOP, Grana Padano DOP, Mozzarella di Bufala Campana DOP e Pecorino Romano DOP, solo per citarne alcuni, classificati perlopiù con il colore arancione e la lettera D – in una scala colorata, da verde scuro a rosso, e con delle lettere, da A a E, per indicare quanto un alimento sarebbe sano o da evitare.

“Diciamo no al Nutri-Score – dichiara Antonio Auricchio, presidente di AFIDOP – e alle etichette basate su quantitativi di riferimento scollegati dalle abitudini di consumo nella dieta quotidiana. Si tratta di strumenti fuorvianti che svalorizzano l’immagine delle DOP e disincentivano il consumo dei nostri piatti banalizzando i valori nutritivi dei nostri prodotti. Sosteniamo e promuoviamo informazioni corrette e complete al consumatore per una alimentazione sana ed equilibrata e proprio per questo ci uniamo a quanti, in Italia e in Europa, ritengono il Nutri-Score un sistema ingannevole per il consumatore ed esortano il decisore pubblico a fare muro contro l’attuazione di questa proposta”. 

Gli fa eco il nutrizionista e gastroenterologo Luca Piretta: “La dieta è un comportamento complessivo che si tiene ogni giorno, tutti i giorni. Non è fatta solo di un cibo o di un colore verde che dà l’idea di poterne mangiare a volontà o di un colore rosso che fa apparire un determinato alimento come proibito. Sono l’educazione e la consapevolezza nutrizionale a fare la differenza. Etichette a semaforo, oppure con lettere apposte come un voto scolastico, basate su quantitativi di riferimento (100 grammi) scollegati dalla dieta e dalla porzione consigliata, fa notare Piretta, sono ingannevoli rispetto alla reale natura del prodotto singolo, e alle quantità effettivamente consumate. Ad esempio, la quantità di formaggio aggiunta a una ricetta può essere molto variabile a seconda del tipo di formaggio o della pietanza e quella di olio extravergine da 10 a 20 grammi. Per altri prodotti, come pizza o patate o frutta e verdura, la porzione è solitamente superiore a 100 grammi.”

Secondo Davide Oldani, chef stellato e Ambasciatore della cucina italiana nel mondo, “La cucina è armonia quando nutre e fa bene, è basata sulla stagionalità e sulla varietà, è amica del territorio e ne rispetta le radici culturali. I formaggi facevano parte della dieta dei nostri antenati e non dovrebbero mancare neanche in quella dei nostri figli. Dietro ogni formaggio DOP c’è un patrimonio enogastronomico fatto di tradizioni, persone, territori e clima unici al mondo per peculiarità. Penalizzando i formaggi certificati, il Nutri-Score mette a rischio ricette dove la presenza dell’ingrediente è caratteristica essenziale, sia a casa che al ristorante.”

Netta anche la posizione di Riccardo Deserti, Presidente di OriGIn, l’Organizzazione internazionale delle Indicazioni Geografiche: “I formaggi DOP sono la spina dorsale dei prodotti di qualità dell’agroalimentare italiano, ma il futuro dell’intero settore è a rischio. Senza il mais e il girasole dell’Ucraina, il mercato globale delle materie prime per la zootecnia è andato in crisi, con ricadute su tutta la filiera lattiero casearia italiana. C’è poi lo spettro della contrazione dei consumi: oggi a renderlo ancora più evidente nel nostro settore sono le conseguenze dirette del conflitto, il caro bollette e petrolio. Ma domani potrebbe arrivare anche il Nutri-Score, un sistema di etichettatura nutrizionale fuorviante che va bloccato prima di allontanare ulteriormente il consumatore dai formaggi e da altri simboli della dieta mediterranea.”

Se il Nutri-Score venisse approvato dall’UE, a farne le spese non sarebbe solo il consumatore, ma anche il Sistema-Paese. Secondo il rapporto Ismea-Qualivita, quello dei formaggi DOP/IGP è un comparto strategico del Made in Italy alimentare, con 55 prodotti caseari a denominazione e quasi 26mila operatori, che generano un valore di 4,2 miliardi di euro alla produzione, pari al 57% del comparto Cibo DOP IGP. Un modello che rappresenta una tradizione millenaria che nessuno in Ue riesce ad uguagliare, una filiera che le decisioni di Bruxelles mettono a rischio… a 30 anni esatti dalla nascita delle DOP e IGP.

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