«Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò». Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro; Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa». “
Questa fede e fiducia sono talmente grandi da suscitare addirittura ammirazione in Gesù (Matteo 8,10), come raccontato dall’evangelista, che risponde al centurione (Matteo 8,13): “…«Và, e sia fatto secondo la tua fede». In quell’istante il servo guarì.”
La descrizione di questo episodio mirabile deve indurci a riflettere sulla circostanza che la fede, come atto di deferenza ragionevole nei confronti di Dio non basta; bisogna aprire il cuore trasformandolo in sincero e semplice, per scalfire la resistenza alla mania smodata di sicurezza e di controllo che è in noi, ed è tramite questo requisito che la paura viene annichilitala perché incompatibile alla presenza della fiducia che permette alla Grazia di manifestarsi.
L’affidamento ci fa diventare immediatamente umili e come l’incenso sale la preghiera (salmo 141) a Dio che è nostro Padre ed il connubio tra il credere ed il fidarsi consente i miracoli più straordinari.
Invero la sintesi irreprensibile è nelle parole dette da Gesù,(Marco 5,39) rivolte al capo della sinagoga per la figlia morta, prima di risvegliarla : “«Non temere, soltanto abbi fede!».”. (Marco 5,36)