Tale ministero era nato con il compito di controllare tutti i canali d’informazione, compreso il cinema, e di piegarli alla propaganda fascista.
Alcuni anni dopo, anche la Germania di Hitler fece lo stesso, e nel 1933 fondò il Ministero della propaganda con analoghe mansioni.
In realtà prima che in Italia e in Germania, nel 1917 la libertà di parola fu limitata da Lenin in Unione Sovietica, attraverso un decreto che vietò ogni sorta di pubblicazione contraria al regime. Dopo di lui, Stalin creò la Direzione generale per gli affari letterari e artistici, il così detto Glavlit, con il compito di esaminare ed eventualmente censurare tutto ciò che doveva essere pubblicato, disegni e fotografie comprese.
Col passar del tempo la voglia di alcuni governi di “limitare” la libertà di parola non si è mai sopita del tutto. In epoca più moderna, nel 2009 l’allora Presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedev, ha emesso un decreto per l’istituzione di una Commissione per il contrasto ai tentativi di falsificare la storia ai danni degli interessi della Russia.
E gli Americani? Si sa, loro non vogliono mai essere secondi a nessuno. Ecco che agli inizi degli anni 2000, in particolare sotto le amministrazioni Bush e Obama, nascono i primi organismi di “controllo dei fatti”, i cosiddetti fact-checker, con il compito di controllare/verificare i fatti citati nelle notizie e le relative fonti.
Sempre di controllo si tratta.
E chi controlla i controllori? Chi garantisce reale e specchiata imparzialità da parte loro? Chi li finanzia?
È lecito pensare che chi li finanzia li possa anche condizionare a proprio vantaggio?
Falcone sosteneva che basta seguire i soldi per trovare la mafia. Vale anche per l’informazione?
In questi giorni Meta annuncia di voler liberare i suoi social dall’attività di fact-checking.
Questa è una buona notizia. Ma una rondine farà primavera?
Satileaks by Gianfranco Colella quotidianoweb.it – 12 gennaio 2025 –
