Quello che sta accadendo in Sardegna è che le ASL si stanno muovendo come reparti militari, imbracciando protocolli d’emergenza e imponendo decisioni con l’autorità del “così è stato stabilito”. Ma su quali basi? Dove sono le analisi del sangue degli animali dichiarati “infetti”? Dove la documentazione che giustifichi una repressione sanitaria di questa portata? Perché i dati non vengono resi pubblici e accessibili a tutti? Perché non si indica non solo il lotto di produzione, ma nemmeno il nome della casa farmaceutica? E perché, nel decreto N. 21 del 16 luglio 2025 della Regione Sardegna, leggiamo soltanto che: “è stato autorizzato nel Paese di provenienza”, del quale si sa unicamente che è il Sud Africa, esattamente come accadde anni fa con il cosiddetto “vaccino-truffa” della lingua blu?
E soprattutto perché nel decreto regionale, manca l’elenco degli effetti avversi?
Abbiamo scritto, chiesto, insistito. L’unica risposta avuta, il silenzio.
Le istituzioni, come già accadde ai tempi della pandemia, rispondono con un vuoto assordante. L’unico foglio ufficiale arriva dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo. Ma la diagnosi in Sardegna, quella vera, quella sul campo, quella fatta sugli animali, esiste?
E allora le domande bruciano: perché questo accanimento? Perché replicare lo stesso copione che abbiamo già visto durante la i tempi della lingua blu (anno 2014), della pandemenza Covid, quando si spacciavano per verità assolute dati mai pienamente verificati?
Il nodo della PCR
E fra tutte queste domande, la questione PCR ritorna come un’ombra ingombrante. Non serve essere degli scienziati per capire che un test PCR portato a 35 cicli rischia di trasformarsi in una fabbrica di falsi positivi: lo stesso ideatore della tecnica Kary Mullis aveva già avvertito che, oltre una certa soglia, ovvero i 14 cicli al secondo la macchina non distingue più, anzi amplifica il segnale alterando il risultato. In Sardegna si parla di positività, di diagnosi, ma dove possiamo confrontarci con prove tangibili: nessuna lesione visibile, nessuna conferma clinica sul campo. Solo numeri estratti da un esame che dovrebbe avere valore indicativo, non definitivo.
La scienza vera, quella che stabilisce certezze, funziona in un altro modo: isolamento dell’agente, inoculazione su animali sensibili, coltivazione in laboratorio. Senza questi passaggi fondamentali come si può parlare di epidemia, perché sembra solo un sospetto.
Eppure, il dubbio viene trattato come condanna. Una storia già vista: prima si genera la paura, poi si moltiplicano i silenzi, infine arrivano decisioni calate dall’alto che cambiano la vita delle persone. Un déjà-vu che sa di copione ripetuto, con la stessa logica che in passato ha imposto misure drastiche senza prove solide.
E allora la domanda che dobbiamo porci è brutale: a chi giova tutto questo?
Perché, al netto di prove scientifiche inconsistenti, quello che resta è un modello che conosciamo bene: un’emergenza che nessuno vede ma tutti devono subire, una catena di ordini che nessuno osa discutere, un gioco al massacro sulle spalle di chi produce cibo, latte, lavoro.
La Sardegna probabilmente è nel mirino di chi vuole eliminare gli allevamenti, cardine dell’economia isolana, e subisce il peso di decisioni imposte.
Gli allevatori hanno già visto la macchina sanitaria muoversi come in tempo di guerra, abbattendo e obbligando.
Noi cittadini non vediamo trasparenza, ma riconosciamo benissimo il copione dell’era Covid.
E allora sì, è tempo di chiederci: quanto ancora accetteremo di vivere dentro emergenze costruite, senza mai avere prove in mano? Salvo poi a distanza di anni venirci detto, si ci siamo sbagliati e senza scusarsi.
Link e allegati utili:
allegato: Decreto-n.-21-del-16.07.2025.pdf
https://www.galileonet.it/limbroglio-dei-vaccini-per-la-lingua-blu/