Ma c’è un bellissimo campo di sorgo, illuminato dal sole, tra l’azzurro del cielo e il verde degli alberi in quello che è un tipico scorcio di territorio del comprensorio del Parmigiano Reggiano.
Una scelta che vuole sottolineare – e lo si dice chiaramente nel messaggio contenuto nella pagina pubblicitaria – come il formaggio Parmigiano Reggiano è quello che è, ossia un’eccellenza mondiale, perché la materia prima con cui è prodotto è il latte, certo, ma anche il suo territorio, unico e in grado di dare sfumature di sapore e aroma inconfondibili. E se si parla di territorio si parla anche di materie prime per l’alimentazione delle bovine, che questo territorio unico devono rappresentare sempre di più.
Da qui la sfida per i prossimi anni che vede unito il Consorzio e i mangimisti iscritti all’Albo: utilizzare sempre di più materie prime prodotte nel comprensorio, riducendo progressivamente quelle di importazione. Ecco perché non c’è mais, ma sorgo in evidenza: una coltura che – anche in considerazione dei cambiamenti climatici in atto – si presta egregiamente ad un ruolo, se non di sostituzione, almeno di parziale rimpiazzo locale del mais, molto spesso di importazione.
E questo vale anche per gli altri cereali e per le proteaginose: i mangimi delle bovine che fanno latte da Parmigiano Reggiano avranno sempre più produzioni locali, rafforzando anno dopo anno un legame con il territorio che il consumatore si aspetta ed è disposto a pagare. Non solo: aumenterà la sostenibilità della produzione, diminuendo l’impronta carbonica e rendendo ogni forma prodotta ancora più rispettosa dell’ambiente.
Certo è una sfida impegnativa, che prevede investimenti e un approccio diverso alla campagna, a partire dalla fienagione, in grado di aumentare quantità e qualità prodotte. Ma è una possibilità concreta di dare vita a un “campo largo” della filiera, che inglobi pure le produzioni agricole del territorio in un legame sempre più stretto con il Parmigiano Reggiano, per dare tipicità e valore anche alla produzione agricola.