di Mario Boggini e Virgilio – Milano, 7 ottobre 2022 –
Dopo due anni di Covid, che ha visto cambiare il mondo, portando alla ribalta la fame di commodities scatenata in primis dalla Cina, nella sua ripresa post covid, poi dagli altri paesi industrializzati. Una grave conseguenza immediata è stata la crisi della logistica, prima paralizzata dal covid, poi travolta dalla domanda. Siamo quindi arrivati al 2022 caratterizzato sino ad ora da una guerra combattuta, da due conflitti sommersi, ma evidenti: quello dell’energia e quello della speculazione, ial quale si aggiunga il cambiamento climatico.
Ora la situazione delle commodities è sempre quella scarsi Stock di riporto nel mondo, influenze del clima sulle qualità e quantità dei raccolti, speculazione spinta, ma a questo si stanno aggiungendo due fattori negativi: 1) Il costo energetico e 2) i costi logistici.
Il costo energetico sta comportando riduzioni produttive in varie industrie, quindi questo sta portando a carenze di sottoprodotti.
I costi logistici in aggiunta a quanto sopra stanno portando ad un fenomeno che in Italia si riverbera con maggiore intensità.
L’Italia è infatti un paese che esporta specialties e prodotti finiti. Ora, se cala l’export si interrompono flussi logistici, citiamo un esempio: se importiamo mais, il mezzo arriva carico, poi scarica ricarica altri prodotti e torna all’estero. Se togliamo il ritorno, perché non vi è merce in esportazione resterà fermo anche l’import di quel camion; ma se quella merce che portava quel camion serve l’utente nazionale cercherà sbocco sul proprio mercato, quindi ci sarà un camion nazionale che andrà al porto o altri silos interni a caricare quel prodotto. Questo spiega le lunghe file al carico nei porti e la carenza dei mezzi perché impiegano molto più tempo al carico.
Se a questo aggiungiamo che scarseggiano altri sottoprodotti, la domanda di alcune materie prime di riflesso aumenta, a questo gioco perverso si aggiunga un altro fattore: molti detentori di commodities agricole sfruttando l’inflazione e le possibilità che i corridoi del Mar Nero siano richiusi non vendono come potrebbero, ingolositi da prezzi più alti. Stessa cosa succede con venditori esteri che non vogliono vendere sui futuri per vari motivi: prezzi, logistica, imposizioni governative di restrizioni all’export.
Tutto ciò fa sì che se anche in origine qualche cedimento di quotazioni ci sia stato,. La cosa da noi è impercettibile, perché il mercato si è “Inchiodato”.
Chi deve vendere non vuole vendere per timori vari, per attesa di quotazioni più alte, chi vende vuole vendere solo la merce e non più il servizio di consegna perché è diventato di difficile esecuzione e non vende poi sui futuri per “paura”. Chi deve acquistare, fatica a farlo perché le quotazioni sono alte, e perché i consumi calano.
Ora in tale frangente l’unico fattore ribassista è quello del calo dei consumi che però si sentirà solo sul lungo periodo, tutti gli altri fattori: Stock – Produzioni -Trasformazioni – Costi Energetici – Costi Logistici hanno in sé fattori rialzisti o di tenuta per “enne” mesi.
Riassumendo: il mercato non ha, salvo eventi imprevisti, possibilità di crollare, ma di tenuta, quello sì.
In tale situazione l’importante sarà avere merce certa se si è trasformatori, (materie prime x latte, carne e uova) se si è venditori: vendere la merce per mantenere il proprio bacino di utenza considerando di tenerlo “VIVO”.
Una situazione da equilibristi o da “cerchio bottisti”? Non lo sappiamo! Certamente sappiamo che si riuscirà tenere con un approccio al mercato meno attento al solo costo/quotazione/prezzo.