Di Lamberto Colla Parma, 10 marzo 2024 – Alexa, cosa vuol dire privacy? Il nostro personale “orecchio di troia” ci risponderà con voce suadente che “DIRITTO ALLA PRIVACY E DIRITTO ALL’INFORMAZIONE – Il termine inglese privacy, che significa «riservatezza», è diventato di uso comune per indicare la sfera privata di ogni individuo e, in particolare, quell’insieme di informazioni personali sulle quali desideriamo mantenere il riserbo, escludendone l’accesso ad altri. La riservatezza fu riconosciuta come un diritto tutelato dalla legge solo alla fine dell’Ottocento. Ad aprire la strada furono gli avvocati statunitensi Louis Brandeis e Samuel Warren, di Boston, il quale stufo di leggere sul quotidiano locale i particolari delle attività mondane della moglie e delle relazioni sentimentali della figlia, scrisse un saggio intitolato Diritto alla riservatezza.La privacy di una persona ‘pubblica’ – uomini politici, attori, sportivi – viene considerata diversamente da quella di una persona comune. Nel primo caso, infatti, il diritto alla privacy sembra entrare in conflitto con altri importanti diritti: quello di informazione, il diritto di formarsi un’opinione corretta sulle questioni di rilievo sociale, e così via. In genere il diritto di cronaca viene considerato preminente rispetto al diritto alla privacy se i fatti riportati sono veri, di interesse pubblico e se sono esposti in forma corretta. D’altra parte, al diritto di cronaca vengono posti limiti più severi nel caso di soggetti particolari, per esempio se si tratta di minorenni o di malati di mente, e di dati particolari, come quelli relativi alla salute e alla vita sessuale.”.
La nostra personale e diligente operatrice elettronica “Alexa” ci ha riportato l’autorevole risposta della Enciclopedia Treccani e noi così ci sentiamo dei nababbi gratificati. Ma quella vocina ci fa anche un altro “se(r)vizetto”: ci ascolta, ci cataloga e elabora le nostre aspettative e fa in modo di proporci i nostri desideri attraverso delle casuali pubblicità che compariranno sui nostri social media ai quali, bene o male, siamo connessi per circa tre ore a giornata, tra operatività ludica e operatività lavorativa, ma comunque in ascolto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.
Poi al primo semaforo, un occhio elettronico ci controlla e ci riconosce pure, anche se ancora non ha imparato a salutare.
Ormai i nostri movimenti sono tutti tracciati e ben presto nulla più sfuggirà con il Digital Wallet con il quale oltretutto potranno addirittura bloccare ogni nostro movimento e acquisto, anche di beni di sopravvivenza.
Ormai l’abitudine al controllo ci ha resi immuni ed è come se ognuno, non rifidando il controllo e ha esteso un’autorizzazione automatica alle intercettazioni libere, anche di politici, VIP, raccogliendo anche informazioni dalle banche dati antimafia e quel che è peggio infine l’ultimo passaggio è la schedatura, forse l’emigrazione non si sa dove e a favore di chi e per ultimo a alcuni giornalisti.
Milioni di files trafugati, a opera di un sottotenente delle Finanza attingendo alle più riservate banche dati, comprese quelle dell’antimafia.
Ma quel che sorprende, o forse no, la gran parte dei politici spiati appartiene al centro destra, tranne Giuseppe Conte le cui informazioni sono uscite per errore avendo intercettato la sua compagna e il padre della stessa.
Se indagati erano i politici di centro destra, gli editori beneficiari erano quelli di centro sinistra, in particolare uno che ha la tessera n°1 del PD e residenza in svizzera.
Tant’è che le indagini vennero avviate dopo la denuncia di Guido Crosetto, attuale Ministro della Difesa, che aveva visto sbandierate ai quattro veti informazioni riservate che lo riguardavano.
Tanti dati e tanti accessi avvenuti in diversi anni, accendono un faro gigantesco sui livelli di sicurezza dei dati.
Insomma, i timori per una regia occulta dietro la vicenda. Le condotte di Pasquale Striano, il finanziere indagato, paiono al procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo «difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale». Tecnicamente Striano, in quanto ufficiale di polizia giudiziaria, avrebbe potuto consultare quei file su impulso di specifiche indagini che riguardano il riciclaggio nell’ambito di organizzazioni mafiose o per terrorismo, ma non si spiega il perché sulle ricerche di determinate persone che niente hanno a che fare con queste ipotesi di reato.
Possibile che non ci fosse un sistema di controllo multistrato?
Noi poveri maltrattati dal digitale abbiamo l’obbligo di ricordare a memoria decine di password e di “parole d’ordine” per la ricostruzione della password dimenticata.
Abbiano difficoltà persino ad accedere ai dati che ci riguardano, molti dei quali è presuntuoso etichettarli sensibili.
Al contrario tante mani invisibili, infatti le consultazioni delle banche dati è proseguita ance indagini avviate e l’ufficiale della finanza sospeso dal delicato incarico.
Ciò vuol dire che oltre ai mandanti va ricostruita la rete organizzata che, non è difficile da supporre visti i nostri trascorsi, risiedono nel Bel Paese e mal che vada sarà una “Gladio” o “P2” dei poveri ma le cui teste sono molto in alto e irraggiungibili.
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