“Lambrusco e Parmigiano Reggiano sono fortezze Suini sull’ottovolante, frutticoltura a rischio estinzione”

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Parmigiano Reggiano – Cervi inizia la sua analisi dal Re dei Formaggi: “Ha superato indenne la pandemia e anzi ha affrontato le difficoltà con una ulteriore valorizzazione che ha permesso di trovare un equilibrio tra aumento produttivo, incremento dei costi e soddisfazione del consumatore. In tal senso, basti pensare che il mercato ha confermato l’importante crescita 2020 di export (+10,7%) e vendite in Italia (+7,9%)”. Dall’inizio della pandemia, il Parmigiano Reggiano è stato tra i prodotti “che ha retto meglio negli acquisti, perché garanzia di sicurezza e qualità. Si è confermato l’aumento produttivo (+5%) che porta a superare quindi i 4 milioni e 100mila forme. Ma le quotazioni tengono. Il Consorzio ha presentato un bilancio preventivo da record: 56 milioni di ricavi, in crescita rispetto al 2021 (51,8) e del 2020 (38,4). Le polemiche scatenate da uno spot discutibile, potevano essere evitate con un po’ più di attenzione ma fortunatamente pare non abbiano scalfito l’immagine di una eccellenza che tutto il mondo ci invidia”.

Viticoltura – “Il comparto è stato trainato dal Lambrusco (produzione in lieve flessione) e dall’Ancellotta (produzione in deciso aumento) – spiega Cervi -. Le gelate primaverili hanno colpito alcune aree ristrette ma non hanno fortunatamente inciso sul totale. Quotazioni e bilanci delle Cantine sono complessivamente molto soddisfacenti (40 euro per i lambruschi, 50 euro per l’Ancellotta). La ripresa della ristorazione dopo le restrizioni per la pandemia ha rilanciato le vendite in Italia e all’estero: gli imprenditori agricoli sono contenti per il presente e fiduciosi per il futuro”.

Cereali – “Quest’anno le quotazioni sono schizzate a livelli che non vedevamo da tantissimo tempo – rimarca il presidente CIA Reggio -. Da un punto di vista della remunerazione e delle produzioni, per le imprese agricole è stato un anno molto positivo. Ma lo scenario generale dovrà far riflettere sia i produttori che gli Stati. I numeri sono eccezionali ma portano numerosi interrogativi, in primis l’aumento dei prezzi dei concimi che apre pesanti interrogativi sulla prossima annata”.

Suini – Ennesimo annus horribilis per la suinicoltura. “Purtroppo è stato ancora una volta mancato l’obiettivo di una dinamica virtuosa della commercializzazione – denuncia Cervi -: dopo un inizio 2021 che pareva essere promettente, ora le quotazioni sono molto basse e i margini per gli allevatori sono praticamente inesistenti. E questo anche a causa del mercato mondiale delle carni, fortemente condizionato dalla Cina che è pure la principale causa degli aumenti delle materie prime. L’Italia è inondata dalle produzioni spagnole e olandesi a prezzi stracciati che mettono in grave difficoltà le nostre produzioni Dop. Un numero fotografa perfettamente la situazione: nella nostra provincia vengono allevati 230mila suini, meno di un terzo rispetto agli anni ’80…”.

Colture orticole: Stagione altalenante a causa “delle difficoltà climatiche: gelate, grandine, siccità. Ma rileviamo un importante segnale positivo:  sono molto ricercati dai consumatori i prodotti del nostro territorio tracciati e certificati come la zucca e l’anguria igp. Il bilancio complessivo è soddisfacente”.

Frutticoltura – “È stato un anno terribile per le gelate che sono arrivate ad azzerare alcune produzioni – denuncia Cervi -. Quel poco che si è salvato dalle ondate di freddo tardivo e grandinate, è stato aggredito dalle malattie fungine e dalla cimice asiatica. Come Cia abbiamo recentemente incontrato il ministro Patuanelli: è stata avanzata la decisa richiesta di fondi adeguati in Finanziaria per aiutare il settore a reggere. Siamo dinnanzi al rischio che tantissime imprese chiudano, che le coltivazioni vengano dismesse. E questo non ce lo possiamo permettere: evitiamo tutti insieme il disastro. Il futuro del settore in Italia? Sarà fondamentale la ricerca”.

Miele – “La produzione è precipitata  – conclude Cervi -: pesanti diminuzioni riguardano tutte le tipologie di miele prodotto sul nostro territorio. Abbiamo la perdita totale del raccolto primaverile dell’acacia, assenti anche la produzione del tiglio e in calo di oltre il 70% quella del millefiori di erba medica, cali del 30% per il castagno. A incidere sono stati innanzitutto gli effetti dei cambiamenti climatici. Le imprese agricole più strutturate sono in ginocchio, tante altre stanno seriamente pensando di chiudere senza adeguati sostegni economici”.

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