C’è qualcosa di magico in quel silenzio, nel passaggio lento della statale che vibra del profumo freddo dell’autunno altoatesino, nelle luci che si accendono piano intorno al centro di Merano.
Arriviamo al Kurhaus con il sole che ancora fatica a penetrare tra i tetti, e ci fermiamo un attimo: paesaggio, viali, la passeggiata sul Passirio, l’invito al senso di attesa. Attilio sistema la macchina fotografica, cerca l’inquadratura: i corridoi vuoti, i tavoli che stanno per essere apparecchiati, le bottiglie che aspettano la loro scena.
Entrando nel grande salone, già si avverte un fremito: espositori che sistemano ultime etichette, bicchieri lucidi, tovaglie che si piegano sotto le mani diligentissime degli allestitori. E quel momento della “prima luce”, quello in cui la fiera non è ancora invasa da chiacchiere e brindisi, è sempre il mio preferito: è l’attimo in cui il vino è ancora promessa e possibilità, e non ancora “evento”.
Poi arriva la “presa del volto” degli espositori.
Nei loro sguardi vedo quel misto di emozione, speranza, e – sì – anche timore. Il timore che la presenza dei visitatori quest’anno potesse essere più bassa. In un momento in cui il mondo del vino registra cali nei consumi globali, come ricordato anche da autorevoli osservatori: «Se il vino vuole sopravvivere deve cambiare passo, guardare con lucidità al futuro e rafforzare il legame con i territori»
È come se ogni cantina – grande o piccola – avesse in sé una domanda sottesa: “quanto vale questa vetrina? E, soprattutto, quanto riuscirò a trarne?”. Nei corridoi del festival, tra gli oltre 1.300 produttori e più di 2.000 vini in degustazione registrati per questa edizione 2025 quella domanda resta viva.
Eppure, a poco a poco, la tensione si scioglie: i primi buyer internazionali arrivano, la sala si anima, il bicchiere gira e racconta storie di vitigni, di affondi nel territorio, di sperimentazioni biologiche e biodinamiche. Il festival risponde, in parte almeno, alla sfida del momento: la sezione “bio & dynamica”, la piattaforma digitale per acquistare direttamente i vini degustati via QR, le interessantissime e gremite masterclass, alle quali dedicherò un articolo a parte
Ma resta la domanda: può un grande evento vetrina fare da ponte reale verso un nuovo modello per il vino, uno in cui non sia solo prodotto di élite, ma un bene più accessibile, più comunicato con semplicità, più legato al consumatore comune e non solo al “gourmet sofisticato”?
Magari questa è la chiave: tornare a far sentire che il vino è per tutti, non solo per chi ha la bottiglia da collezione o frequenta il ristorante stellato. Turni di degustazioni, storie di piccole cantine, momenti d’incontro con ristoratori ed enotecari: tutti attori che possono rendere più vicino il vino al pubblico, più prossimo, più parte della quotidianità, senza perdere qualità e identità. Potrebbe essere questo uno dei “compiti” del festival – e delle “piccole” produzioni – nell’epoca del calo dei consumi e della necessità di nuove narrazioni.
E infine torno alle emozioni personali. In uno dei momenti più liberi della giornata, tra un giro di tavoli e un’inquadratura di Attilio, incrocio un vecchio amico: Alexander Strohmer, titolare dell’Hotel Westend di Merano. Il suo volto — familiare, accogliente — mi richiama a un altro tempo, quando la partecipazione al festival era anche occasione di incontri sinceri, di chiacchiere lunghe e di quella convivialità che è parte stessa dell’anima del vino ed all’epoca ero accompagnato da papà, il vero custode dell’amicizia con Alexander.
Il Westend, elegante villa d’epoca in stile liberty costruita nel 1890, immersa in un giardino che costeggia il Passirio, è una delle dimore più autentiche e affascinanti della città. Alexander lo gestisce con la naturale eleganza di chi conosce la tradizione meranese e la sa unire ad un’ospitalità calda, discreta, quasi d’altri tempi.
Il nostro incontro si è protratto sino a tarda serata, culminando in una cena tra amici in un locale caratteristico, di quelli che Merano sa regalare a chi la vive davvero: luci soffuse, arredi in legno, profumo di montagna e di cucina sincera. Una serata fatta di racconti, di ricordi e di riflessioni sul presente, su come il vino — e chi lo ama — stia cambiando. Ed in sintonia con una casualità che dura da anni, nello stesso locale abbiamo incontrato una dolcissima Amica, MariaIda Avallone titolare insieme al fratello Salvatore di Villa Matilde Avallone.
E mentre il bicchiere si svuotava lentamente, ho pensato che forse è proprio questo il senso più profondo del Merano WineFestival: non solo la celebrazione dell’eccellenza, ma il ritrovarsi, il riconoscersi, il condividere la passione per ciò che unisce le persone.
Il vino come linguaggio, come ponte, come tempo condiviso.
E, per chi come noi parte alle sei del mattino con un fotografo fedele e torna a notte fonda con il cuore pieno, come un’esperienza che vale ogni chilometro percorso.







La Bussola d’Impresa – Mario Vacca
“Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Le competenze acquisite mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.
Un iter professionale che mi ha consentito di sviluppare negli anni competenze in vari ambiti, dalla sfera Finanziaria, Amministrativa e Gestionale, alle dinamiche fiscali, passando attraverso esperienze di “start-up”, M&A e Turnaround, con un occhio vigile e sempre attento alla prevenzione del rischio d’impresa.
Un percorso arricchito da anni di esperienza nella gestione di Risorse Umane e Finanziarie, nella Contrattualistica, nella gestione dei rapporti diretti con Clienti e Fornitori, nella gestione delle dinamiche di Gruppo con soci e loro consulenti.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari delle attività.
Il mio agire è sempre stato caratterizzato da entusiasmo e passione in tutto quello che ho fatto e continuo a fare sia in ambito professionale che extra-professionale, sempre alla ricerca dell’innovazione e della differenziazione come caratteristica vincente.
La passione per la cultura mi ha portato ad iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti ed a scrivere articoli di economia pubblicati nella rubrica “La Bussola d’Impresa” edita dalla Gazzetta dell’Emilia ed a collaborare saltuariamente con altre testate.
La stessa passione mi porta a pianificare ed organizzare eventi non profit volti al raggiungimento di obiettivi filantropici legati alla carità ed alla fratellanza anche attraverso club ed associazioni locali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio impegno è lavorare sodo con etica, lealtà ed armonia.”
Contatto Personale: mvacca@capri.it
Profilo Professionale: https://www.gazzettadellemilia.it/economia/itemlist/user/981-la-bussola-soluzioni-d-impresa.html



















































