Di Lamberto Colla Capodanno 2023 – E’ un momento particolarmente delicato per il mondo intero. Tra guerre dimenticate e son tante e la guerra “di moda”, quella per la quale in tanti tifano Ucraina e perciò alimentano di armi un popolo martoriato, alimentando così i giorni di agonia.
Ricordiamo che chiunque dei due contendenti dovesse vincere, sarebbe una sconfitta immane per l’umanità e per coloro che si ergono a paladini di giustizia.
Quello che servirebbe non sarebbe certamente un “Grande Reset” bensì un “Reset Generale” dei cervelli ai vertici delle grandi potenze e delle grandi potenze economiche e industriali.
Torniamo a pensare al vero significato del Natale e proiettiamoci nel 2023 con rinnovato antico spirito cattolico.
Ripropongo le parole del Santo Padre in Occasione dell’Urbi et Orbi di Natale e della recita dell’Angelus del 26 dicembre. Leggiamo lentamente e assimiliamo il significato delle parole.
Urbi et Orbi, il Papa: oggi c’è carestia di pace, Dio illumini chi può fermare le armi
Nel tradizionale messaggio per la benedizione di Natale, Francesco ricorda che “Gesù, luce vera, viene in un mondo malato di indifferenza”. Poi guarda ai drammi che si consumano in Siria, Libano, Myanmar, Iran, Yemen, Haiti e in Africa. Il Pontefice denuncia: “Ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi. Non usare il cibo come arma”. Quindi lancia l’appello per l’Ucraina: “Porre fine a questa guerra insensata”
Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 26.12.2022
Alle ore 12 di oggi – Festa di Santo Stefano, diacono e primo martire – il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Prima dell’Angelus
Cari sorelle e fratelli, buongiorno, Buona Festa!
Ieri abbiamo celebrato il Natale del Signore e la liturgia, per aiutarci ad accoglierlo meglio, estende la durata della festa fino al 1° gennaio: per otto giorni. Sorprendentemente però, in questi stessi giorni si ricordano alcune figure drammatiche di Santi martiri. Oggi, ad esempio, Santo Stefano, il primo martire cristiano; dopodomani i Santi Innocenti, i bambini fatti uccidere dal re Erode per paura che Gesù gli togliesse il trono (cfr Mt 2,1-18). Insomma, la liturgia sembra proprio volerci allontanare dal mondo di luci, pranzi e regali in cui in questi giorni potremmo un po’ adagiarci. Perché?
Perché il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma è la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte. Questo è il nostro male: l’egoismo che portiamo dentro, il peccato, perché siamo tutti peccatori, e la morte. E i martiri sono i più simili a Gesù. Infatti, la parola martire significa testimone: i martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia. E anche ai nostri giorni i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi. Oggi preghiamo per questi fratelli e sorelle martiri perseguitati, che testimoniano Cristo. Ma ci farà bene domandarci: io testimonio Cristo? E come possiamo migliorare in questo, nel testimoniare meglio Cristo? Ci può aiutare proprio la figura di Santo Stefano.
Anzitutto, gli Atti degli Apostoli ci dicono che era uno dei sette diaconi che la comunità di Gerusalemme aveva consacrato per il servizio delle mense, cioè per la carità (cfr 6,1-6). Ciò significa che la sua prima testimonianza non l’ha data a parole, ma attraverso l’amore con cui serviva i più bisognosi. Ma Stefano non si limitava a quest’opera di assistenza. A quelli che incontrava parlava di Gesù: condivideva la fede alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento degli Apostoli (cfr At 7,1-53.56). Questa è la seconda dimensione della sua testimonianza: accogliere la Parola e comunicarne la bellezza, raccontare come l’incontro con Gesù cambia la vita. Questo per Stefano era così importante, che non si è lasciato intimidire nemmeno dalle minacce dei persecutori, neanche quando ha visto che le cose per lui si mettevano male (cfr v. 54). Carità e annuncio, questo era Stefano. Però, la sua testimonianza più grande è un’altra ancora: quella che ha saputo unire la carità e l’annuncio. Ce l’ha lasciata in punto di morte, quando sull’esempio di Gesù ha perdonato i suoi uccisori (cfr v. 60; Lc 23,34).
Ecco allora la nostra risposta alla domanda: noi possiamo migliorare la nostra testimonianza attraverso la carità verso i fratelli, la fedeltà alla Parola di Dio e il perdono. Carità, Parola, perdono. È il perdono a dire se davvero pratichiamo la carità verso gli altri e se viviamo la Parola di Gesù. Il “per-dono” è infatti, come indica la parola stessa, un dono più grande, un dono che facciamo agli altri perché siamo di Gesù, perdonati da Lui. Io perdono perché sono stato perdonato: non dimentichiamo questo… Pensiamo, ognuno di noi pensi alla propria capacità di perdonare: com’è la mia capacità di perdonare, in questi giorni nei quali magari incontriamo, tra le tante, alcune persone con cui non siamo andati d’accordo, che ci hanno ferito, con le quali non abbiamo mai ricucito il, rapporti. Chiediamo a Gesù appena nato la novità di un cuore capace di perdonare: tutti noi abbiamo bisogno di un cuore che perdoni! Chiediamo al Signore questa grazie: Signore, che io impari a perdonare. Chiediamo la forza di pregare per chi ci ha fatto del male, pregare per le persone che ci hanno ferito, e di fare dei passi di apertura e di riconciliazione. Che il Signore ci dia oggi questa grazia.
E Maria, Regina dei martiri, ci aiuti a crescere nella carità, nell’amore per la Parola e nel perdono.
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