Di Antonio Marsilio Modena, 11 marzo 2024 – Ci sono segnali che potrebbe essere arrivata alla sua conclusione la lunga tregua armata tra funghi e mammiferi. È durata 65 milioni di anni dalla scomparsa dei dinosauri e della maggior parte delle specie viventi causate dall’impatto di un asteroide con la Terra. Si sono evoluti in due nicchie ecologiche parallele divise dal loro rapporto con le temperature. I 37°C del corpo dei mammiferi sono mortali per i funghi che possono riprodursi solo in ambienti con temperature che stiano al di sotto dei 25°C. Una barriera termica protettiva contro le micosi che è stata supportata dal sistema immunitario dei mammiferi. “Temperatura e immunità sono stati i due pilastri attorno ai quali si è sviluppata per milioni di anni questa lunga coabitazione tra le due specie” ricorda Arturo Casadevall del Department of Molecular Biology, Bloomberg School of Public Health, Baltimore, Maryland. Un modello di sviluppo in crisi ormai da molti anni.
Il riscaldamento globale in atto sta incidendo in modo significativo sul corredo genetico delle popolazioni dei funghi a livello globale. Viene favorita la selezione delle specie tolleranti alle alte temperature ambientali e la loro progressiva diffusione sui territori al seguito dei cambiamenti climatici. Una pressione selettiva di cui si iniziano a vedere i risultati. Il Cryptococcus laurentii normalmente non cresce a 37°C, ma alcuni ceppi termotolleranti sono stati rinvenuti in pazienti immunosoppressi. I funghi nelle aree urbane crescono più velocemente in condizioni di elevate temperature rispetto alle loro controparti rurali localizzate in ambienti più freschi. Una tolleranza al calore diffusa in particolare tra i basidiomiceti, che sono i maggiori responsabili dell’attuale sviluppo delle patologie fungine. La storica barriera termica fra funghi e mammiferi è diventata permeabile: una pessima notizia per la salute umana.
Un documento dell’OMS della fine del 2022 ha pubblicato un elenco di 19 gruppi di agenti patogeni fungini umani associati ad un grave rischio di mortalità o morbilità al fine di sollecitare azioni di sanità pubblica contro la loro diffusione per evitare lo sviluppo di alcune malattie fungine molto invasive. Una iniziativa che finalmente ha portato alla ribalta mediatica un gruppo di micosi che sono state perennemente trascurate in termini di consapevolezza dagli addetti ai lavori e di finanziamenti pubblici di specifici programmi di ricerca in materia.
Un ritardo grave perché queste micosi che possono anche avere decorsi clinici pericolosi per il metabolismo umano, stanno mostrando una crescente diffusione tra le popolazioni. Recenti valutazioni suggeriscono che più di trecento milioni di persone a livello globale sono affette da infezioni fungine di varia gravità con più di un milione e mezzo di decessi ogni anno. Dall’inizio del secolo quattro generi di funghi Aspergillus, Candida, Cryptococcus, Pneumocystis sono stati i responsabili del 90% delle micosi che hanno avuto esiti letali negli esseri umani.
Prima degli anni ‘50 del secolo scorso la barriera termica e il sistema immunitario umano hanno relegato le malattie fungine in una nicchia minoritaria di popolazione. Tra le ragioni del loro crescente sviluppo negli ultimi decenni c’è l’effetto della diminuita capacità di difesa del sistema immunitario per il generale invecchiamento della popolazione. Ma paradossalmente la grande spinta alla loro diffusione è arrivata dal miglioramento della qualità dei sistemi sanitari e dallo sviluppo di intere categorie di farmaci innovativi avvenuto negli ultimi decenni.
L’introduzione dei corticosteroidi per il trattamento delle malattie autoimmuni e infiammatorie ha prodotto l’effetto indesiderato di rendere vulnerabili alle malattie fungine i pazienti coinvolti. Le terapie antimicrobiche che prevedono l’uso delle tetracicline e la chemioterapia per i trattamenti oncologici sono state spesso associate con micosi invasive come le aspergillosi. L’epidemia di HIV degli anni ‘80/’90 del secolo scorso ha ridotto le difese immunitarie di consistenti fasce di popolazione con la contemporanea crescita del fattore di rischio delle candidiasi, le criptococcosi e le istoplasmosi.
La Candida auris è attualmente al primo posto in termini di diffusione globale con una presenza a macchia di leopardo in tutti i continenti. Una spiacevole sorpresa per gli addetti ai lavori poiché “È stata identificata la prima volta in maniera sistematica solo nel 2009 nel canale auricolare di una paziente di un ospedale geriatrico giapponese” dice Shawn R. Lockhart del Mycotic Diseases Branch, Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta, Georgia. La sua abilità nel sopravvivere in ambienti ospedalieri e l’alto tasso di resistenza ai più diffusi farmaci antimicotici ne hanno fatto una specie fungina ad alta diffusione e pericolosità presente ormai in molti territori sparsi fra i vari continenti. Ma è stata determinante la sua acquisita resistenza alle alte temperature.
Alcuni suoi ceppi sono stati identificati nelle isole Andamane nell’Oceano Indiano. “Avere scoperto la Candida nel clima tropicale tipico di queste isole ha significato che questa specie ha metabolizzato il gap termico che le separava dalle temperature del corpo dei mammiferi con l’aumento delle sue probabilità di diffusione anche in altri ecosistemi simili dal punto di vista delle temperature medie” è il commento di Vincent Robert del Westerdijk Fungal Biodiversity Institute, Utrecht, Netherlands, autore di una ricerca su questi funghi “Dobbiamo valutare inoltre la possibilità molto realistica che anche altre specie fungine abbiano seguito lo stesso percorso di termo tolleranza in altri territori”. Come puntualmente è avvenuto.
Nella Central Valley in California un territorio caratterizzato da un clima mediterraneo caldo, si è diffusa la ‘febbre della valle’ prodotta dal fungo Coccidioides immitis. Bridget Barker del Department of Biological Sciences, Northern Arizona University, Flagstaff, Arizona ha dedicato anni allo studio di questa patologia. I Coccidioides proliferano nel suolo in forma di miceli e nei periodi di prolungata siccità producono spore. L’infezione avviene per loro inalazione o per trasferimenti fortuiti di polveri dal terreno all’apparato respiratorio. È una patologia che storicamente si è concentrata in California e in Arizona, ma è in espansione negli Stati Centrali e del Nord Ovest” dice Barker “E’ una infezione che può interessare altri mammiferi, cani, gatti, cavalli, delfini, leoni di mare. Il 5/7% dei pazienti sviluppa complicazioni che riguardano la pelle, le articolazioni e il sistema nervoso centrale.”
La barriera difensiva fra mammiferi e funghi storicamente rappresentata dalla temperatura, complice il riscaldamento globale, sta evidenziando molti limiti. C’è molta preoccupazione fra gli addetti ai lavori anche perché gli attuali dispositivi clinico/farmacologici di difesa disponibili contro le micosi si stanno mostrano meno efficaci del previsto. “C’è in atto una emergenza globale che riguarda la crescita esponenziale dei fenomeni di resistenza ai farmaci antifungini in particolare contro la Candida e l’Aspergillus fumigatus.” commenta Matthew Fisher del Center for Global Infectious Disease Analysis, Imperial College, London, UK “Ma l’aspetto decisamente molto preoccupante è che i nuovi programmi di ricerca sulla resistenza ai farmaci hanno escluso gli antifungini perché le micosi nelle loro varie espressioni cliniche, non sono state considerate un pericolo per la salute pubblica”. Non ci sono commenti.
Mentre la cronaca quotidiana inizia a segnalare gravi casi di micosi anche in Italia. Il direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova Matteo Bassetti torna a esprimersi sui casi di Candida auris, commentando il caso di un uomo morto a Milano. Si tratta di “Un fungo che conosciamo bene perché abbiamo avuto in Italia diversi casi, anche mortali e che dobbiamo combattere perché può colpire chi è ricoverato in ospedale” dice Bassetti ad Adnkronos “Purtroppo, è il frutto dell’utilizzo inappropriato degli antibiotici e nel caso specifico degli antifungini, che hanno perso di efficacia nel contrasto alla Candida. È diventato quindi un microrganismo resistente ai farmaci, con una elevatissima mortalità che può arrivare fino al 50%, uno su due di chi è colpito può rischiare la vita”.