Repubblica e Democrazia non sempre vanno a braccetto.

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Di Lamberto Colla Parma, 1 giugno 2025 – Il 2 Giugno è, probabilmente, la festa civile, non religiosa, più importante dell’anno. La festa che dovrebbe unire tutti, l’ultima ancora libera dall’appropriazione indebita di colori e ricorrenze della sinistra, che ormai è riuscita a replicare in “Feste dell’Unità” dal 25 aprile al 1° Maggio.

Noi ragazzi del ’58 o giù di lì, siamo cresciuti negli oratori, abbiamo frequentato i Lupetti e i Boy Scout e infine ci hanno inquadrati nei plotoni dell’esercito o nelle altre forze militari.

Dalla famiglia alla scuola il refrain richiamava l’attenzione alla solidarietà, al rispetto degli altri, insegnandoci a proiettarci versi gli altri, dalla vecchietta da aiutare ad attraversare la strada alla partecipazione attiva nelle crisi naturali, dalle alluvioni ai terremoti ma anche nelle crisi internazionali a partire dalla missione di Pace in Libano 1983-1984.

La Democrazia era una parola che faceva pendant in modo indissolubile con Repubblica e le parole Giustizia ed Equità rappresentavano il collante, affinché i due pilastri sociali garantissero il progredire della vita sociale impostata sul lavoro e la meritocrazia.

Una situazione idilliaca che aveva trovato la sublimazione nel progetto di una Europa Unita. Dalle Comunità Economiche al Mercato Comune e infine all’Unione Europea, purtroppo incompiuta.

L’Euro, sopraggiunto senza che l’unificazione d’Europa si fosse compiuta ha innescato, invece di unire, piccoli e grandi conflitti tra i vari Stati e ha contribuito a esportare la “Democrazia” con le bombe e i missili spesso sulla base di falsità, come il caso Saddam o il caso Afganistan piuttosto che la Libia e abbiamo bombardato Belgrado senza autorizzazione.

Ed ora siamo invasi da messaggi spesso contradditori ma tutti magistralmente orchestrati da occulti poteri che, come risultato, hanno dissolto il cosiddetto “Quanto Potere”, quello che avrebbe dovuto essere la sentinella della giustizia, della libertà e della democrazia, lasciando spazio al “Quinto Potere” ovvero alla “pseudo-democrazia”  della “rete” che se dobbiamo assegnare una data di inizio è il 1995, quando uscì Window ’95 che aveva semplificato l’utilizzo dei computer seguito alla altra data soglia di mutamenti sociali che è stato il 1989 il cui simbolo era il muro di “Berlino”.

Un concetto magistralmente espresso da Paolo Ercolani su “Filosofia in Movimento” di cui lasciamo uno stralcio ma che potrete leggere al link qui contenuto.

Se il quarto potere è ormai vissuto come cassa di risonanza (o notaio ubbidiente) di ciò che i «poteri forti» decidono di far sapere, di affermare a livello di senso comune, orientando l’opinione pubblica verso tendenze che sono quelle comunque utili ai suddetti poteri, il «quinto potere» della Rete viene presentato come il vero paladino della volontà popolare nonché della sua facoltà (e pieno diritto) di affermarsi come potere direttamente esercitato dal popolo e dai suoi «portavoce» (non più rappresentanti, stando alla sedicente definizione ipocrita – e presto smentita dai fatti – che tendono a darsi i movimenti demagogici e populisti).

Così come tutte le rivoluzioni, senza eccezione alcuna, hanno finito (anche) col conferire poteri spropositati a una ristretta élite che si proclamava esecutrice della volontà popolare, anche quella operata dal quinto potere sta prendendo inevitabilmente questa china.

Ma attenzione, e qui torna in gioco il primo aspetto del materialismo storico (l’analisi della struttura economica e produttiva).

Non bisogna dimenticare che questo quinto potere (figlio della rivoluzione tecnologica, del business digitale e della smaterializzazione della produzione economica come dei flussi finanziari) è comunque il prodotto di un altro potere che, ormai a partire dagli anni Settanta del Novecento, si è riconfigurato in termini di sistema valoriale dominante (neo-liberismo) nonché di apparato in grado di dominare e dirigere la politica (capitalismo finanziario).

Se la Costituzione viene modificata con i pensieri dominanti del momento, se il diritto perde la connessione “naturale”, se la giustizia interpreta soggettivamente e se i magistrati sfruttano la indipendenza dal potere politico per curvare le norme a favore di una o l’altra forza politica, quasi sempre progressista, allora il caos diverrà la normalità e i coltelli saranno in ogni borsa e la vita umana varrà come il due di picche quando c’è sotto bastoni.

Allora “Basta” imbonitori della politica, “Basta” ai “Santoni” demagoghi e “Basta” alle istituzioni sovranazionali come OMS o Unione Europea incompiuta e infine “Basta” invocare la “Pace” con le armi e soprattutto di valorizzare i morti in modo diverso rispetto l’appartenenza. Morti Palestinesi e Israeliani sono in rapporto 50 a 1 e non si possono ascoltare i coloni inneggiare “a morte gli arabi”.

Meditate gente meditate e non lasciatevi incantare dai nuovi imbonitori … meglio quando gli imbonitori ci invitavano a “Provare per Credere”.

Torniamo a dare il valore originale alla Parola Repubblica e onoriamo il 2 giugno con il nostro tricolore, sperando lo facciano anche a Merano!

Il sorvolo delle Frecce Tricolori

(Vignette di Romolo Buldrini l’Aquila)

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