Reggio Emilia, 22 marzo 2024 – Il Consorzio del Parmigiano Reggiano rinnova il proprio sostegno a FAO e OriGIn che si sono concretamente impegnate per garantire i valori principali delle Indicazioni geografiche: la tutela di sostenibilità, naturalità e legame con il territorio di origine. Le due organizzazioni internazionali hanno annunciato il lancio di Developing a roadmap towards increased sustainability in geographical indication systems (trad. Sviluppare una tabella di marcia verso una maggiore sostenibilità dei sistemi di indicazione geografica), una guida di orientamento pratico per aiutare le organizzazioni di IG a sviluppare e implementare il proprio programma di sostenibilità su misura e specifico per il contesto, basato su processi partecipativi (sia all’interno dell’organizzazione che con stakeholder e alleati esterni), che consenta loro di affrontare le sfide globali e locali in continua evoluzione in tutte e quattro le dimensioni della sostenibilità dei sistemi IG: economica, sociale, ambientale e di governance. Alla stesura della guida e del toolkit associato ha partecipato anche il Consorzio del Parmigiano Reggiano, unica DOP italiana rappresentata nel gruppo di lavoro.
Le Indicazioni geografiche per definizione non possono essere delocalizzate. Pertanto, non sono solo un fattore economico per chi le produce, ma costituiscono un vero e proprio elemento di sviluppo territoriale per la zona di origine. Inoltre, la sostenibilità è insita nel concetto di IG, poiché le risorse territoriali devono essere preservate per garantire la fornitura duratura di prodotti di alta qualità e specifici per il territorio. Alla luce di ciò, nel 2017 l’assemblea generale mondiale di OriGIn (Organization for an International Geographical Indications Network, alleanza globale di Indicazioni geografiche che rappresenta circa 500 associazioni di produttori e istituzioni di 40 Paesi) ha approvato la Strategia di Sostenibilità per le Indicazioni Geografiche (SSGI), in modo da evidenziare e rafforzare la correlazione tra i sistemi di IG e le politiche di sostenibilità, sensibilizzare gli stakeholder sul loro ruolo a livello locale e incrementare le performance dei sistemi di IG. Nello stesso anno si è insediato un gruppo di lavoro coordinato da FAO e OriGIn, composto da esperti di IG, università e istituzioni, compreso un rappresentante del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che ha portato alla stesura di questa guida.
«La sostenibilità è uno dei pilastri principali della filiera del Parmigiano Reggiano», ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. «Siamo pertanto felici di aver dato il nostro contributo alla lodevole iniziativa di FAO e OriGIn. Per la nostra Dop, il territorio è il bene più prezioso e l’intento dichiarato è quello di impegnarsi sempre di più per preservarne le risorse naturali. Il Parmigiano Reggiano è un modello di sostenibilità, con un approccio fatto di rispetto non solo per l’ambiente, per il territorio e per le bovine, ma anche per le comunità sociali e per i cittadini, che meritano una corretta informazione per una sana alimentazione. La filiera si caratterizza storicamente per bassi input: innanzitutto idrici, dato che il fulcro del suo sistema sono i foraggi freschi o affienati (prevalentemente erba medica e prati stabili che necessitano di poca acqua); in secondo luogo, chimici, considerato che gli erbai necessitano di minime quantità di chimica e che nella filiera del latte si utilizza meno dell’1% dei farmaci veterinari; infine energetici, visto che si ara ogni 5 anni anziché ogni anno. Inoltre, il Parmigiano Reggiano è sostenibile anche perché contribuisce a fortificare l’economia e a preservare l’unicità della dorsale appenninica emiliana: è infatti il più importante prodotto Dop ottenuto in montagna. Basti pensare che oltre il 20% della produzione totale, circa 850.000 forme, si è concentrata negli 81 caseifici di montagna, che impiegano oltre 900 allevatori per una produzione annuale di oltre 4 milioni di quintali di latte. Ciò ha reso possibile il mantenimento di un’agricoltura in zone altrimenti abbandonate, invertendo una tendenza di decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014, e ha contribuito allo sviluppo di una società modernamente agricola e di un paesaggio riconoscibile e apprezzato sia dai suoi abitanti, sia dal circuito del turismo di qualità».