Di Lamberto Colla Parma, 19 ottobre 2025 – “Hikikomori”. Abbiamo iniziato a conoscere questa parola giapponese nel periodo immediatamente post pandemico. Il termine “Hikikomori” significa letteralmente “stare in disparte” ed è usato in gergo per indicare coloro che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da pochi mesi fino a diversi anni), chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno e a volte anche con i propri familiari.
Gli Hikikomori – dichiara la Fondazione Veronesi -sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora. Le indagini ufficiali condotte finora dal governo giapponese hanno identificato oltre 1 milione di casi, con una grandissima incidenza anche nella fascia di popolazione over 40. Questo perché, nonostante i soggetti hikikomori si palesino principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare anche tutta la vita. In Italia, soprattutto a seguito della pandemia che ha estremizzato il problema, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. Nel nostro paese non ci sono ancora dati ufficiali, ma si stima ci siano circa 100.000 casi.
Il fenomeno si è particolarmente palesato presumibilmente a seguito dell’isolamento forzato durante la pandemia, quando il lockdown era quotidiano prima e a singhiozzo dopo. Un periodo dove le relazioni, soprattutto quelle scolastiche e lavorative, avvenivano mediate attraverso il mezzo digitale, spesso compromesso da una rete digitale che non sopportava il carico, piuttosto non adeguata a trasmissioni video come è per la stragrande maggioranza dei territori marginali di montagna.
Dall’isolamento prolungato si innescano tutta una serie di problematiche che coinvolgono la salute a 360 gradi. “Oltre ad aumentare il rischio dello sviluppo di uno stato depressivo – chiarisce lo psicologo Marco Crepaldi dal sito della Fondazione Veronesi –, la condizione Hikikomori ha impatto negativo su alimentazione e attività fisica, totalmente trascurate, così come la cura della propria persona. Generalmente, vivono di notte e dormono di giorno, invertendo completamente il ritmo sonno-veglia. Per gli hikikomori, il rischio di sviluppare una tendenza autodistruttiva è elevato: autolesionismo e abuso di sostanze sono diffusi, con la finalità di farsi del male”.
Ma gli hikikimori non sono i soli a essere a rischio. La stagnazione socio economica, che si sta trascinando ininterrottamente nell’ultimo quarto di secolo, per di più aggravata dalle varie crisi economiche, sia cicliche, che in conseguenza dei conflitti bellici, con il costo dell’energia che è volato alle stelle e con ciò anche i prodotti conseguenti. Al crescere del costo della vita però non si sono adeguate le retribuzioni e men che meno i ricavi del popolo delle partite IVA oltre alle tante piccole e micro imprese che hanno dovuto tirare la cinghia sino a arrivare alla chiusura senza risorse disponibili.
Oggi si contano ben 5,7 milioni di soggetti in condizioni di povertà assoluta che difficilmente potranno ottenere una nuova riqualificazione sociale mentre è ben più probabile che potranno ricadere in un sempre maggior disagio psicologico.
Hikikomori, disagiati economici, ludopatici e/o alcolisti, sono categorie ad alto rischio, le cui fragilità pongono questi soggetti al limite di un baratro autodistruttivo.
L’ultimo in termini temporali è il caso dei fratelli “Ramponi” di Castel D’Azzano (VR) che addirittura hanno avuto la meglio contro le forze speciali chiamate a eseguire uno sfratto già noto per essere impegnativo. 3 Carabinieri deceduti e oltre venti feriti, tra forze dell’ordine e vigili del fuoco. Più volte era stato tentato lo sfratto ma l’opposizione era sempre stata dura e la minaccia di fare esplodere la casa si è, alla fine, rivelata una nefasta promessa.
Ma, solo negli ultimi 15 giorni, le cronache hanno portato alla luce molti, troppi, episodi di disagio con conseguenze di autolesionismo con conseguenze anche verso terzi, familiari o condomini.
Come il caso del 55enne che pare si sia dato fuoco. Un caso di sospetto suicidio che ha preso forma con il ritrovamento di un prodotto accelerante che i vigili del fuoco hanno rinvenuto nell’abitazione, dove a morire sono stati anche i genitori dell’uomo che pare soffrisse di disagi psichici. I vicini raccontano che il padre, dopo aver dato l’allarme urlasse “Carlo sta bruciando…”
Pochi giorni prima, il 71enne che invece si era gettato dalla finestra del palazzo in cui abitava il giorno dell’esecuzione dello sfratto a Sesto San Giovanni
Sempre il fuoco è stato il protagonista di una lite per futili motivi tra fratelli, che solo per per caso non ha creato vittime nel napoletano.
In settimana, a Brescia, un tentativo di suicidio è stato miracolosamente scongiurato grazie al tempestivo allarme di un assistente sociale, mentre nel luglio scorso a Bologna, a distanza di poche ore, gli agenti della questura del capoluogo emiliano e dei commissariati di Imola e San Giovanni in Persiceto hanno salvato la vita a due uomini che si trovavano in condizioni di estrema fragilità psicologica
Sarà casuale ma questi episodi sembrano in forte crescita come in forte ascesa sono anche i casi di violenza verso le donne e verso chiunque altro, per ragioni d’affermazione personale o per derubare qualsiasi cosa, dalle scarpe di “grido” al telefonino ma anche senza una ragione specifica. Il gusto della violenza per la violenza. Un “passatempo” che sta dilagando nel nuovo fenomeno sociale dei “maranza” e delle “baby-gang”. Fenomeni in fortissima ascesa che con altrettanta rapidità stanno conquistando spazi nei centri cittadini e non solo nelle periferie.
Diversi studi hanno riscontrato un’associazione tra comportamento suicidario e hopelessness (disperazione, perdita di speranza).
I dati che riguardano i suicidi parlano di una strage: 300 suicidi al mese nel bel paese (Giornale Radio Sociale). “Tra i più giovani, – scrive Giuseppe Manzo – giornale radio sociale – l’ulteriore incremento registrato tra il 2021 e il 2022 ha fatto seguito ad un aumento molto rilevante osservato tra il 2020 e il 2021 (+16%). Nell’ultimo anno analizzato sono stati rilevati complessivamente 552 suicidi di giovani con età compresa tra i 15 e i 34 anni.”
Infine, il fenomeno dei femminicidio non tende a diminuire come dovrebbe nonostante l’introduzione del “Codice rosso” (Legge 19 luglio 2019, n. 69) e la dislocazione di centinaia di “Panchine Rosse”. Certi maschi che definire mostri è ristrettivo, prediligono eliminare la vita altrui, con efferatezza malvagia piuttosto che rivolgere l’arma contro sé stessi e quando lo fanno, dimostrano di essere maldestri, non così efficaci come poco prima nei confronti di quella povera donna che ebbe il torto di innamorarsi di lui.
Ad oggi sono già una settantina i casi di femminicidio che si contano in Italia dall’inizio dell’anno ai quali si sommano i 62 tentativi non andati a buon fine (Non una di Meno).
Il fenomeno del disagio dovrebbe essere affrontato in modo ben più serio e con risorse, economiche, professionali e di assistenza. Occorrono strutture nuove e adeguate a accogliere e curare a partire dai giovani e giovanissimi e gli anziani che in tema di fragilità e isolamento non hanno nulla da invidiare.






(In copertina disegno di Romolo Buldrini L’Aquila)
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