(Video violinista: https://youtu.be/6rUN6OdlynA)
Di Lamberto Colla Cremona, 26 novembre 2021 – Il ritorno in presenza è arrivato anche per la Fiera Zootecnica di Cremona. Sino a pochi anni fa era un appuntamento imperdibile per tutti coloro che operavano nel settore delle coltivazioni delle materie prime e nell’allevamento dei bovini e dei suini in modo prioritario.
Un contenitore onnicomprensivo, dalle strutture chiavi in mano, all’ultimo software gestionale piuttosto che attrezzature per integrare l’allevamento con gli impianti di biogas e tutta una ampia area dedicata alla biologia. Animali, embrioni e semi erano in bella vista per farsi ammirare e ingolosire gli allevatori italiani sempre attenti alla genealogia da primato.
La prima edizione post crisi pandemica, per quanto non ancora al valore di presenze come si era abituati, ha comunque mostrato di possedere, ancora intatto, il potenziale per un ritorno in grande stile quando le condizioni lo permetteranno.
Splendidi gli animali in mostra, di alta qualità gli espositori e interessanti gli incontri tecnici, volti alla divulgazione scientifica e all’aggiornamento.
In particolare all’area “Ruminantia” si sono alternati professionisti di vari settori, distribuiti in 7 workshop organizzati a scandire le due giornate di fiera.
Particolarmente frequentato l’incontro che vedeva l’esposizione dei Mario Boggini, esperto di materie prime e titolare di OCC (Officina Commerciale Commodities S.r.L), trattare il tema de’ “La tempesta perfetta del mercato delle materie prime: cosa è meglio fare?”.
Sollecitato da Alessandro Fantini, direttore di Ruminantia, Boggini, che dal lontano 1984 si occupa di cereali e sottoprodotti delle lavorazioni industriali, ha aperto la sua relazione sostenendo che “in tutto questo periodo non aveva mai assistito a una crisi di questa portata e durata”.
Nonostante il settore abbia attraversato crisi geopolitiche straordinarie, dalla caduta del muro di Berlino, alle crisi afgane e siriane e la primavera araba, rivoluzioni sparse qua e là, siccità, esondazioni, crolli, Cernobyl e chi più ne ha più ne metta, ma quello che sta accadendo da oltre un anno è il risultato di una sommatoria di fattori unici e soprattutto interconnessi a livello globale.
“Riassumo, sottolinea il dottor Boggini, dal 2013 al 2020 i mercati sono rimasti praticamente piatti, con un punto minimo a luglio 2020 con la farina di soia quotare a 320€/ton. Poi il Covid ha mescolato le carte e cambiato il mondo. La Cinasi è fortemente avvantaggiata dal fatto di essere stata la prima a andare in crisi ma soprattutto la prima a uscirne. Cina che, almeno sulla carta, era titolata del 40-50% delle scorte mondiali. Sulla carta, perché alla fine della sua crisi ha cominciato a comprare a man bassa. I robot dei fondi di investimento hanno annusato odor di dollari e si sono immediatamente scatenati a operare sulle materie prime. Ed oggi i fondi sono in possesso di ben 82 milioni di tonnellate di materie.
Ricordo perfettamente il giorno in cui è scoppiata la crisi in Italia. Era l’8 agosto 2020.quando la speculazione è partita, e tra alti e bassi ( acquisti e vendite per prese di profitto e successivi riacquisti) e non è ancora finita La logistica poi è andata in crisi sia su Nave, che su Ferro che su Gomma, e questo a livello globale e i costi hanno iniziato a lievitare. Solo a titolo di esempio, il costo di un container di 20 piedi dall’India è passato da 800 a 8.000€ e i noli navali dal Sud America all’Italia da 70 dollari alla tonnellata sono arrivati sino a 145 dollari per scendere sugli a valori più accessibili ma sempre ben più cari, questo si aggiunga il caro energia a causa del quale sia in Francia che all’Est hanno lasciato i prodotti in campo più a lungo per risparmiare sui costi di essiccazione”.
Inoltre per noi la crisi è più pesante perché l’Italia, ormai da decenni, almeno da quando è crollata la Federconsorzi, non possiede scorte strategiche
Insomma la situazione è particolarmente complessa anche perché l’interconnessione è globale e quanto accade in Italia, soprattutto le sue deficienze, sono immediatamente note all’emisfero opposto e chi possiede le risorse può immediatamente interferire con operazioni speculative.
Ma tutto ciò prima o poi morirà.
“Morirà di morte naturale, conferma Mario Boggini, ma il “quando” è però difficile da ipotizzare. Quando i fondi cesseranno le prese di profitto, presumibilmente a fine anno, e quando da fine febbraio si potrà concretizzare la “presa di coscienza” che spingerà a vendere e infine, l’ultima pesante variabile potrebbe essere legata alla caduta di Evergrande, che si porterà dietro anche altre grandi immobiliari cinesi, con la presumibile ipotesi di una contrazione dei consumi nel paese asiatico.”
A preoccupare è anche il settore dei sottoprodotti, condizionati dalla flessione negativa delle lavorazioni industriali e di conserva una poderosa risalita dei derivati che a questo punto non si potranno più etichettare “sottoprodotti”.
“Infine, corre verso la conclusione del suo intervento Mario Boggini, una nuova minaccia deriva dalla concentrazione dell’offerta che si è rafforzata a dismisura con la creazione di una società frutto del parternariato tra le 7 sorelle della cerealicoltura mondiale. Una offerta di servizio “Blockchain”, la più grande innovazione avvenuta nel settore negli ultimi Trent’anni, la prima dopo l’introduzione dei PC. Il tracciamento dei partner a livello globale, mette a rischio i tanti piccoli ma efficaci operatori che verranno lanciati fuori dal mercato per lasciare nelle mani di pochissimi il mercato delle materie prime”.
Sulla base di tutto quanto sopra esposto la soluzione, secondo l’esperto, è di “non restare nudi di merce , e di adottare l solita formula aurea di 1/3 per l’immediato, 1/3 per il mantenimento delle coperture e 1/3 da mettere sul mercato delle “rivendite”, così da distribuire il rischio”.
Come era presumibile sono state molte le domande che il pubblico ha posto al relatore, a conferma dell’interesse suscitato dall’argomento peraltro ben trattato da un operatore la cui esperienza trasudava da ogni parola.